Impariamo a leggere le etichette

La mia amica Marisa mi ha segnalato quest'articolo pubblicato dal quotidiano "La Repubblica" del 13 febbraio, ho pensato di riportarlo integralmente per quelli che, come me, non l'avessero letto.
"Nella giungla delle etichette
Un carrello pieno di trappole
di JENNER MELETTI
Consiglio per gli acquisti: una lente di ingrandimento. Solo con questo strumento, fra le corsie di un supermercato, è possibile sapere cosa si compra per la propria tavola.
Ecco, ad esempio, i "Cappelletti al prosciutto crudo" dei Freschi Buitoni, mezzo chilo, euro 1,99. Sulla confezione, l'immagine di una bella fetta di prosciutto. Sembra di sentirne il profumo.
Con una vista da aquila - o con una buona lente - si scopre che per fare i cappelletti, oltre a farina, uova, sale non è stata usata solo la coscia stagionata del maiale. Si legge infatti che "il prodotto contiene carne di suino cotta, pangrattato, mortadella (carne di suino, grasso di suino, cuori di suino, trippini di suino), prosciutto crudo stagionato: 9,5% del ripieno". Tutto in regola, ovviamente. Certo, se sulla busta fosse scritto in grande "cappelletti al grasso e cuore di suino" davanti allo scaffale non ci sarebbe la fila. Ma chi ha tempo di leggere? Qui, al supermercato Sma di via Laterani 39/41, è ormai ora di cena. Il pensiero è rivolto al frigo di casa, per ricordare cosa manca. Gli occhi servono solo per guardare i prezzi, per non spendere più di quanto c'è nel portafogli. "Mi lascia passare? Ho solo tre pezzi. I figli aspettano". Oltre alla lente, meglio portarsi un esperto. Stefano Masini, docente di diritto alimentare a Scienze della nutrizione dell'università di Tor Vergata, è anche responsabile consumi della Coldiretti. Proprio nei giorni scorsi la Commissione europea ha stabilito che le etichette debbono cambiare, per fare sì che "i consumatori dispongano, in modo leggibile e comprensibile, delle informazioni essenziali per fare scelte consapevoli". Il professor Masini non è entusiasta. "Già il regolamento europeo numero 178 del 2002 recitava che "etichettatura, pubblicità, presentazione, compresi forma, aspetto, confezionamento e informazioni non debbono trarre in inganno il consumatore".

Ma la confusione è ancora grande. E anche questa nuova normativa ha un difetto pesante. I consumatori chiedevano di conoscere l'origine dei prodotti agricoli contenuti negli alimenti, con l'obbligo dell'etichetta di provenienza, e la Commissione ha risposto che questa etichetta è un elemento volontario". "Qui in Italia le decisioni vengono prese solo dopo le emergenze. Dopo mucca pazza, oggi è possibile sapere dove è nato il bovino, dove è cresciuto, dove è stato macellato. Dopo l'aviaria, c'è anche la tracciabilità del pollo, ma solo transitoriamente: l'Unione ha infatti avviato una procedura di infrazione, perché dire che il pollo è italiano sarebbe una sorta di barriera non tariffaria. Nessuna tracciabilità, invece, per il coniglio, il maiale, l'agnello. Sull'olio extravergine di oliva si è discusso dieci anni. Noi ne produciamo 500.000 tonnellate all'anno e ne importiamo 400.000. E' facile mescolare. Dal 16 gennaio 2007 sulle etichette dovrebbe essere specificata la zona di origine delle olive, il paese di raccolta e quello del frantoio". Il carrello è pronto, si può cominciare la spesa. Una bottiglia di olio extravergine di oliva Olitalia, euro 5,10. "Uno vede scritto Olitalia, traduce immediatamente olio d'Italia e pensa di comprare olio italiano. Ma non si sa. Non c'è scritto da nessuna parte dove le olive siano state coltivate e portate al frantoio. Ecco, questo è un caso che può essere segnalato all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per ingannevolezza del messaggio". Un tubetto di Star sugo Lampo, euro 0,70. "Dopo tante battaglie con la Cina, sulle scatole di pelati è specificata l'origine dei pomodori. Ma per le salse non vale". Chi voglia sapere di più, sulle origini del pomodoro finito nel tubetto Lampo, prodotto a Busseto di Parma, dovrebbe telefonare al numero verde 800274094. Un pacchetto di mais Mon Ami, euro 0,99. "E anche questo, da dove arriva? Mais, soia, cotone e tabacco sono spesso Ogm, prodotti in Argentina, Stati Uniti, Canada e Brasile. Sarebbe meglio precisare l'origine, così si è più tranquilli. L'etichettatura sugli Ogm è molto complessa. Da una parte c'è l'obbligo di scrivere Ogm quando la percentuale supera lo 0,9%. Sono solo tracce, provocate da una non netta separazione fra produzioni Ogm e non Ogm. La disciplina che si sta discutendo è precisa: non ci deve essere contatto fra una produzione e l'altra, addirittura anche i mezzi agricoli debbono essere separati. Ma ci sono incongruenze: una vacca può essere alimentata con Ogm e chi beve il latte non ha il diritto di essere informato". Benedetta sia la lente di ingrandimento. Compri il wurstel Fiorucci Suillo classico, euro 1,90, con la scritta grande che annuncia "100% puro suino" e scopri che dentro c'è "carne di suino, 80%". Passi davanti a un espositore che offre "Burn Energy drink, Now estra Potent", una lattina scura, euro 1,45. "Lo può comprare anche un bambino, perché pensa di avere più scatto nella partita di pallone. Ma in piccolo c'è scritto: "Questo prodotto non è adatto ai minori di 16 anni, a gestanti, a persone sensibili alla caffeina"". Ingredienti: caffeina e taurina. Le etichette della carne sono precise. "Nato: Italia. Macellato: Italia. Sezionato: Italia", è scritto sulla confezione di cotolette di pollo Aia. Scopri che il tacchino Rovagnati, trasformato in fette di arrosto, grammi 120, euro 2,99, ha fatto un lungo viaggio: "Provenienza: Brasile", annuncia l'etichetta. "L'importante - dice Stefano Masini - che l'informazione sia chiara, poi ciascuno fa le proprie scelte. Certo, per fare bene la spesa al supermercato, non basterebbe un corso universitario. Prendiamo, ad esempio, il cioccolato. In Italia c'era una legge che diceva: si chiama Cioccolato solo quello fatto con cacao e burro. Quello con la margarina si chiamava Surrogato. Ma gli altri Paesi europei produttori di margarina hanno fatto ricorso alla Corte di giustizia della Comunità, che ci ha condannato. Ora si è fatto un compromesso. Quello con il burro lo chiamiamo Cioccolato puro, quello con la margarina, l'ex Surrogato, Cioccolato e basta". Due sporte di spesa, euro 50,31 e un breve viaggio all'università di Tor Vergata, nello studio del professor Giuseppe Rotilio, docente di biochimica della nutrizione, preside del corso di laurea in Scienza della nutrizione umana. La scrivania viene invasa da confezioni, pacchi, barattoli. "Basta una prima occhiata - dice il professore - per capire che lei spende male i suoi soldi. Troppe calorie, troppi zuccheri. Il problema principale sono appunto gli zuccheri semplici, che assieme ai carboidrati servono per l'energia ma oggi sono assunti in modo esagerato. Si mangia come se tutti fossimo maratoneti o operai da fatica e invece stiamo seduti a una scrivania". Primo esame: un bel pacco di merendine, le Trecce Auchan. L'etichetta racconta che 100 grammi portano 470 calorie, con 53,9 grammi di carboidrati e 25,5 di grassi. "Non c'è scritta la percentuale di zuccheri semplici. Anzi no: si dice che in superficie sono il 7%. Ma dentro la pasta? Ci sono arancia candita, sciroppo di glucosio e fruttosio, emulsionante, burro, lievito di birra. Ecco, una merendina di queste è già un pranzo. E' un cibo troppo ricco, per la nostra generazione. Quando si compra, la prima cosa da guardare sono gli zuccheri semplici, che entrano rapidamente nel sangue ed alzano l'indice glicemico. Provocano l'accumulo di grasso e il tessuto adiposo è resistente all'insulina: alla fine si va verso il diabete". Il professore non è nostalgico del passato. "O lei riesce a nutrirsi con l'insalata coltivata in un orto non concimato o deve fare i conti con l'industria alimentare. Non demonizzo: in fine dei conti, da quando esiste, noi uomini viviamo di più e meglio. Ma bisogna stare attenti agli eccessi". Nel tacchino arrosto Rovagnati c'è il destrosio, glucosio di sintesi. Zucchero anche nelle lasagne al pesto e mozzarella. Nella cotoletta Aia, "saporita e croccante", ci sono sia saccarosio che destrosio. "Dovrebbero precisare la percentuale. Ma io mi chiedo? Perché aggiungere questo zucchero? Il bambino che si abitua a questi sapori, quando la mamma prepara la semplice bistecca, si lamenta perché è sciapa. Lo zucchero è un additivo pericoloso perché aumenta le calorie e cambia il gusto naturale. Se mangio una coscia di maiale mi aspetto grassi e proteine, non zuccheri. In compenso, il grasso viene demonizzato. E' vero, ha molte calorie ma queste vengono liberate gradualmente e, se non sono combinate con lo zucchero, non si accumulano. Il grasso - lo spiego agli studenti - di per sé non ingrassa". Tanti i prodotti che si presentano come paladini della salute. Il Danacol della Danone (confezione da quattro, euro 3,98) è "il tuo alleato contro il colesterolo". "Solo 1,1% di grassi - dice il professor Rotilio - mi sembra buono. E' per adulti che hanno problemi di colesterolo e non vogliono prendere medicine". Scritta in piccolo, un'avvertenza. "Nel caso si stia seguendo una cura contro il colesterolo, consumare il prodotto solo sotto controllo medico". Il professor Stefano Masini, il Virgilio del supermercato, ha invece molti dubbi. "Un negozio alimentare non è una farmacia. Qui prendi, paghi e porti a casa, senza nessuno che ti dia consiglio. Una cosa si potrebbe fare subito. Per prodotti come questo, o quel Burn Energy drink con caffeina e taurina, si scrivano cartelli grandi con le giuste avvertenze. "Vietato ai minori di 16 anni", ad esempio. "Solo sotto controllo medico". Ma i produttori hanno un solo obiettivo: vendere". (13 febbraio 2008) "
Ecco, interessante vero? A proposito avete provato a cercare del cioccolato che non contenesse della lecitina di soia come emulsionante? La si trova anche nel cioccolato da pasticceria o nelle marche definite "di pregio". Non che ci siano problemi, non è solo cioccolato puro, e poi chi mi dice se la lecitina proviene da soia OGM? Considerando i prezzi imposti da alcune marche si dovrebbe poter contare sulla qualità. Il cioccolato dovrebbe essere fatto da cacao, burro di cacao e zucchero, tutto il resto non ci dovrebbe entrare, eccezione fatta per le nocciole e vari ingredienti simili.

Commenti

Anonimo ha detto…
gran bel articolo e da conservare x poi visualizzare quando si fà la spesa,,mi piace cucinare pasticciare,ma ho delle regole fisse, l'olio extra vergine è vitamina è quasi pura, parmigiano reggiano e non padano il padano ha folmaldeide x capirci quello velenuccio che ti fà gonfiare quando ti tocca una formica, niente che non sia stagionale , la terra produce con i suoi ritmi , certo trovi anche le arance ad esempio sempre ma quelle serie teoricamete la raccolta 2 sole volte in un anno ecc...... buona giornata
Gata da Plar - Mony ha detto…
Una cioccolata cioccolatosa davvero l'ho trovata!!!!... in Erboristeria... :DDD
E' buona davvero! Da svenimento! Solo che al momento non ricordo la marca... avevamo letto gli ingredienti con degli amici e mi pare che fosse "a posto"... Cercherò e ti farò sapere!
Abbracci e... nemmeno io stasera potrò partecipare al M'Illumino di Meno... sigh...
Buon w-e!
marinella ha detto…
In effetti cerco anch'io di fare come te Caravaggio, per la cronaca alcuni reggiani usano la formaldeide per disinfettare i contenitori che usano quando preparano le forme, mi risulta che Solo Biraghi garantisca di non usarlo. (info fornitaci alla mia scuola) Per l'olio evo bisogna diventare provetti lettori di etichette per capire se sono veramente prodotti in italia con olive italiane e spremuti a freddo.... La maggiorparte provengono dai paesi del mediterraneo e sono poi lavorati da noi sovente in modo poco affidabile. Non ci possiamo fidare ne delle marche ne usare il prezzo come garanzia di qualità, ho trovato oli carissimi che scavando scavando non erano italiani ne bio ne.... Insomma dovremmo contivarcelo per avere la garanzia di qualità. Io al momento mi rivolgo a produttori bio italiani tramite un gruppo di acquisto equo e solidale.
marinella ha detto…
Monia, devo riverificare, ma se non sbaglio il cioccolato di Gobino è di quello buono, Gobino è un produttore piemontese, fa una crema di cioccolato alla nocciola tipo nutella che è "spaziale". Di quella ricordo aver letto gli ingredienti, solo cacao, zucchero burro di cacao e pasta di nocciole piemonte, l'avevo paragonata con la nutella, è naturalmente non c'era gara. Se non sbaglio nella N. c'è 13 % di nocciole nell'altra 30%, insomma un'abisso. Devo verificare con gli altri prodotti, ma visto che stiamo andando verso Pasqua, andrò a prendere l'uovo da Loro. L'anno scorso avevo preso degli ovetti spettacolari. Baci
miciapallina ha detto…
molto molto molto bello ed interessante questo tuo articolo.
Ora me lo rileggo ben bene e vado anche a cercarmi l'originale su Repubblica.
Cerco anche io di leggere sempre le etichette.... si scoprono delle cose davvero da paura!
nasinasi (e ancora grazie)
Gata da Plar - Mony ha detto…
Carissima, l'ho trovato! E' la TOBAGO!!! E si trova nelle erboristerie e anche nelle farmacie... penso che più sicura di così...
Ma anche la Venchi è buonissima!
Bacioni! =(^.^)=
Anonimo ha detto…
ovviamente per deviazione professionale leggo sempre le etichette..rimango sbalordita leggendo il contenuto di molti alimenti soprattutto di marche note!!
l'educazione alimentare compresa la lettura delle etichette dovrebbe essere introdotto addirittura nelle scuole come insegnamento secondo me...altrimenti sò che la gente non imparerà mai..
marinella ha detto…
Astra, non t'immagini quanto la pensi come te, dovrebbero insegnare nutrizione e tutte queste cose a scuola. Le marche più note sono quasi sempre le peggiori, io ho dei problemi con la farina, sono intollerante, ma non al glutine, bensì ai trattamenti che fanno alla farina.
So che trattano i silos di conservazione del grano con deratizzanti e altri antifungini che in teoria lasciano tracce irrilevanti sul grano, e che non devono essere segnate in etichetta.
Risultato non posso mangiare nessuna pasta delle marche più note, comprese quelle più costose.
Ma riesco ad usare pasta biologica di buona qualità (che tra l'altro è molto più buona). Pensa che chi mangia la pasta a casa mia mi chiede dove la prendo tanto è buona.
Per concludere se mi fosse stato insegnato a scuola quello che so ora, probabilmente avrei evitato di farmi del male inutilmente (ho sviluppato patologie che avrei potuto evitare quasi sicuramente anche se avevo delle predisposizioni famigliari) solo che occorre sapere che se ti alimenti male, e hai una famigliarità per certe cose, corri più rischi di un'atro.
A proposito, per curiosità che mestiere fai?
Astra ha detto…
sono una dietista (quasi..mi laureo a novembre)..
non ti ricordi di me?...
mi hai lasciato un commento sul mio blog!!
marinella ha detto…
Gia, è vero Astra, ma non ero sicura che fossi tu. Un abbraccio passo di nuovo dalle tue parti.

Post popolari in questo blog

IMPARIAMO A LEGGERE LE ETICHETTE - IL CODICE A BARRE

Liquore ai fiori di Acacia (o Robinia)

Sedano Rapa e Cavolo Rapa